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Decreto “Cura Italia”: le opinioni di ASSO e CIFA
È iniziata la “cura”, o, almeno, così sembra, leggendo il Decreto Cura Italia. Per Celestino Bottoni, Presidente ANCOT e Responsabile del Dipartimento di Tutela – Criticità Tributarie, della Confederazione ASSO (Associazionismo Sindacale Solidale Organizzato) “una cura forte è stata prescritta a tutti i lavoratori subordinati, dipendenti, affinché non perdano il proprio posto di lavoro, grazie alla Cassa Integrazione, compresa quella in deroga, salvaguardando così, anche le piccole imprese con un solo dipendente”.
“Bene ha fatto il Governo anche nel prevedere dei congedi per i genitori con figli in età scolastica e un plauso anche alla soluzione di un bonus per i servizi di baby-sitting. Sempre sull’argomento, prendiamo nota dell’estensione a 12 giornate mensili per i permessi retribuiti di cui alla Legge 104/1992 e dell’invito a favorire il lavoro in smart-working e una maggiore tutela nel periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori”.
Su questo primo comparto, il Governo è quindi intervenuto con una cura forte che ha già messo al riparo tutto il settore di riferimento. Ma per le piccole e medie imprese? “Per le PMI, in generale, la cura, invece, è stata un’ ”aspirinetta” – continua Bottoni – “un minimo rinvio delle scadenze e qualche piccolo intervento sul lato finanziario, non basta, non serve a molto”.
Aspirina, quindi, per le piccole e medie imprese con ricavi o compensi fino a 2 milioni, che vedono un rinvio più lungo, al 31 maggio, per il pagamento di quanto dovuto nel mese di marzo, salvo il comparto per il quale è stata disposta la chiusura, che hanno una sospensione per tutto il periodo, di aprile compreso. La cura delle piccole Imprese e lavoratori autonomi, è leggermente più forte nel prevedere una indennità, per il mese di marzo, di Euro 600…
“Speriamo che il decreto di aprile – conclude Bottoni – dopo aver messo in cascina il fieno per i lavoratori subordinati, pensi anche alle PMI e al rilancio dell’economia che comunque sta già entrando in una recessione simile a quella del 2007, dopo il crollo per bancarotta della Lehman Brother. Un vero e proprio problema soprattutto per noi Italiani che ancora non abbiamo recuperato i livelli economici del 1997. Senza entrare nei vari tecnicismi fiscali del provvedimento, la prima parte ha senza alcun dubbio potenziato un Servizio Sanitario Nazionale che in questi ultimi anni era stato messo a dura prova con tagli importanti al suo finanziamento. Ora non c’è tempo per altre riflessioni. Chi può, deve stare a casa. Chi esce per lavorare è un eroe dei nostri giorni a cui dovremo sempre dire il nostro grazie”.
“E’ innegabile che viviamo un momento particolare – dichiara Diego Pizzicaroli, Presidente di ASSO – in cui le Imprese hanno ancora più bisogno della liquidità dello Stato. Pensiamo, ad esempio, agli ultimi acquisti di presidi medici: se il governo avesse consentito alle Imprese di poterli gestire direttamente, dietro chiare indicazioni tecniche e di prezzo, si sarebbe fatta girare una liquidità importante, vitale per le aziende. Secondo me non si sta guardando al lungo periodo ma si sta solo cercando di tamponare l’emergenza, in modo, a volte, illogico oltre che irresponsabile. La maggior parte delle aziende vive di un utile residuo modesto, dopo la compensazione fra entrate e uscite, utilizzando, quindi, anche il sistema bancario. Ora, il blocco delle attività di 2 o 3 mesi, provoca una diminuzione drastica e a volte totale del fatturato, ed è impensabile che una Impresa possa continuare a pagare le tasse – pur se dilazionate – senza aver beneficiato dei ricavi generati dalla propria attività. Questa pretesa dello Stato si traduce in una sola cosa per molte imprese: fallimento.
Prima che si riprenda il trend dei consumi del nostro Paese, passerà molto tempo e lo Stato deve avere ben presente che se proprio non vuole scegliere un azzeramento delle tasse del periodo, deve quantomeno spostarle di anni. Non bastano i pochi giorni indicati nell’ultimo decreto. Avere a cuore la sacrosanta tutela dei lavoratori significa anche iniziare a guardare la situazione oltre la crisi contingente, quando, comunque, sarà impossibile tornare ai livelli di fatturato precedenti; significa saper guardare la crisi con gli occhi del datore di lavoro, un punto di vista fondamentale per evitare una catena di fallimenti ed una emergenza economica che sarà difficile, se non impossibile, risanare nel breve e nel medio periodo, e soprattutto senza adeguate e prolungate misure di sostegno”.
Dello stesso avviso Andrea Cafà, Presidente di CIFA –Confederazione Italiana Federazioni Autonome – che invoca maggiore attenzione per milioni di imprese e partite Iva interessati dai provvedimenti contenuti nel DL “Cura Italia” . “Da una prima lettura del decreto, a fronte di un imponente stanziamento di risorse, sono state adottate misure tampone utili a sostenere il reddito delle persone. A cominciare dalla Cassa Integrazione sia Ordinaria che in deroga il cui ricorso però rimane vincolato alla preventiva consultazione con le organizzazioni sindacali per le aziende sopra i 5 dipendenti, obbligo che vista l’emergenza appare più legato ad esigenze di carattere politico.
A questo va aggiunto che le aziende potranno far ricorso agli ammortizzatori sociali con causale Covid-19 solo per 9 settimane a partire dal 23 febbraio, periodo troppo breve che probabilmente non consentirà di coprire il lungo stop.
Il Coronavirus lascerà il mondo profondamente cambiato, nel suo modello economico, sociale e culturale e in questa fase di emergenza bisogna iniziare a progettare il futuro. Dobbiamo ripensare ad un nuovo “modello Paese”, all’interno di una nuova visione di Unione Europea.
Non sarà possibile per ogni singolo Stato ripartire senza l’Europa, né potrà esserci un futuro per l’Unione Europea senza la rinascita di ogni singolo Paese membro”.
Fonte: giornalepartiteiva.com
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